Corso per Curatori 2017: Francesco Bergonzini
Accademia delle Belle Arti di Bologna
Louisa Zahareas è un’artista e designer di origine greca, vincitrice della London International Creative Competition che utilizza il digitale per realizzare un processo di involuzione di materia e decorazione. Co-Lab è stato realizzato in collaborazione con Lorenzo Paganelli del Fab Lab di Faenza, una serie di opere in cui la tecnica tradizionale viene sconvolta per creare un vero e proprio ibrido.
Louisa Zahareas, Co-Lab
Louisa Zahareas è una giovane artista e designer di origine greca, vincitrice del London international creative competition. Nei suoi lavori fa uso di molti linguaggi espressivi tra cui istallazione, video e performance, trattando diversi temi in relazione al design, ai new media e alla tecnologia.
Il museo Carlo Zauli ha potuto ospitarla durante il mese di luglio per circa una settimana, durante la quale ha lavorato a una serie di opere grazie alla collaborazione e al supporto tecnico di Lorenzo Paganelli, coordinatore del FabLab di Faenza.
Il loro lavoro combinato ha dato vita a CO-LAB, una serie di opere in ceramica che sconvolgono e capovolgono la tecnica tradizionale creando un ibrido, una nuova forma che apre interrogativi importanti sulle potenzialità della tecnologia e della macchina quando innestate nel denso contesto della tradizione artigianale.
L’opera di Louisa è un lavoro che utilizza le caratteristiche e le qualità della macchina per creare un processo di involuzione di materia e decorazione.
Il punto di partenza di Louisa è quello di arrivo della tecnica ceramica tradizionale. L’artista ha scelto e scannerizzato in digitale un vaso in ceramica, ottenendone così una copia virtuale semplificata, su cui ha potuto lavorare e apportare modifiche dal proprio computer.
La fase di stampa è la più cruciale e importante di tutto il lavoro.
Louisa lavora a fianco a fianco con la macchina, andando ad aggiungere al vaso in creazione, il colore che lei stessa posa pennellata dopo pennellata. Quest’operazione richiede un’adeguata concentrazione e molta preparazione per adeguarsi alle tempistiche della stampante e per entrare in armonia con essa.
L’artista e la macchina sono un tutt’uno nel momento della creazione artistica: non c’è differenza tra il suo braccio di carne e quello di ferro e acciaio della macchina. L’opera finale eredita dunque la forma perfetta dell’oggetto artificioso “dal padre” (la macchina) e un significato, un nucleo di senso e valore artistico, dalla “madre” (l’artista).
Conclusa la stampa, l’oggetto che osserviamo alla fine del processo è un ibrido: una sorta di versione involuta e semplificata del vaso che avevamo all’inizio; forma e decorazione sono ridotte, come se avessero perso in definizione.
Ciò che colpisce di questo lavoro è come l’artista abbia saputo usare la tecnologica a proprio vantaggio, puntando sulle sue qualità migliori per creare qualcosa che supera la tradizione e le tecniche usuali. Louisa si è servita della macchina, senza farsi usare, ma anzi collaborando con lei per un progetto dalla forma finale innovativa, ma che nello spirito conserva ancora la tradizione della tecnica ceramica.
L’artista, nell’epoca moderna, ha il dovere di mostrare alla gente come servirsi e usare la macchina e la tecnologia, senza lasciare che le sue idee e i suoi progetti siano assorbiti e svuotati del loro vero significato dall’opacizzante perfezione della macchina stessa.