Corso per curatori 2014 / esiti finali
Anna Santi
in collaborazione con Accademia Belle Arti Bologna
Relazione su Residenza d’Artista: Natascia Fenoglio Patrick Tuttofuoco
Il lavoro di collaborazione tra Natascia Fenoglio e Patrick Tuttofuoco è nato principalmente da una profonda intesa e amicizia. Basandosi su una presunta somiglianza dei tratti somatici, i due artisti hanno deciso di realizzare le proprie maschere-ritratto avvalendosi come mezzo espressivo della ceramica, la grande protagonista di questa esperienza di residenza.
Eterogenei per campo di ricerca, food designer lei e artista contemporaneo lui, Natascia e Patrick hanno in comune la sperimentazione dei materiali e un uso quasi alchemico dei colori, spesso dalle tonalità forti e contrastanti.
La prima volta che ho visto Natascia e Patrick, i due artisti in Residenza al Museo Carlo Zauli di Faenza, si stavano facendo fare dei calchi del volto con delle garze gessate. Dopo l’asciugatura dei calchi ulteriormente rinforzati col gesso, si è passati alla realizzazione di uno spesso positivo d’argilla.
I due artisti, che non avevano mai realizzato prima opere in ceramica, hanno dovuto dedicarsi ad una fase progettuale lunga e approfondita, che prendesse in considerazione anche i limiti, i tempi e le possibilità espressive del materiale stesso. Indispensabile durante l’intero processo progettuale e attuativo è stato il contributo dell’esperta ceramista Aida Bertozzi che ha coordinato da subito l’intero sviluppo del lavoro.
Anna al lavoro nel laboratorio.
Durante la fase di preparazione dei materiali gli artisti Natascia, Patrick ed Eszter Imre, ceramista e designer invitata nel ruolo di assistente, oltre a due studentesse provenienti dalla National Academy of Arts, Sofia (Bulgaria), in Erasmus all’ISIA, due studentesse del Liceo Artistico Ballardini, la sottoscritta, proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Bologna, tutti coordinati da Aida, si sono dedicati alla creazione della barbottina, materiale fondamentale, usato anche come collante, formato da argilla e acqua. La complicità tra gli artisti è stata coinvolgente e travolgente. Il lavoro è proseguito il giorno dopo, quando, insieme ad Aida e con il contributo eccezionale di Matteo Zauli, direttore del Museo Carlo Zauli, abbiamo sciolto ulteriormente l’argilla in acqua rendendo liscio ed omogeno il composto.
Intanto Natascia e Patrick hanno cercato delle stoffe dalla texture particolare da immergere nella barbottina e porre sui modelli in argilla precedentemente modificati.
I due artisti avevano infatti deciso di lavorare l’uno sul modello in argilla del volto dell’altro formando strutture organiche e panneggi improbabili che andavano ad esaltare e, talvolta, addirittura modificare, le caratteristiche somatiche.
Osservando le opere in questa fase il rimando a Luigi Ontani era naturale e scontato: lo studio sulla figura dell’artista stesso, in particolare sul volto, la sua predilezione per l’utilizzo della ceramica smaltata e l’aver scelto Faenza come luogo di nascita dei suoi lavori.
A questo punto però Natascia e Patrick hanno stravolto completamente l’aspetto delle maschere imbevendo le stoffe nella barbottina e adagiandole sul calco in argilla. L’effetto è risultato sbalorditivo, nobilitando ciò che poteva sembrare citazionismo in vera e propria arte. Ecco che l’uomo diventa artista, che il banale e l’ordinario diventano qualcosa di straordinario.
Non erano più volti modificati, narcisistiche estensioni materiche, erano la maschera mortuaria di Agamennone, le vesti della Nike di Samotracia, gli Amanti di Magritte; erano qualcosa di eterno che trova espressione nel contemporaneo. La terra diventa acqua, è leggerezza e sostanza insieme.
Ed ecco l’essenza dell’opera d’arte, autentica e irriproducibile, plasmata e modellata sulla forma e nell’idea dalla testa dell’artista.
Poter osservare l’evoluzione creativa ed esecutiva che riguarda la nascita di un’opera d’arte è stato emozionante e mi ha reso parte attiva di tale processo.
La cosa più stupefacente è stata che Natascia e Patrick sono delle persone adorabili e divertenti, e dei professionisti di altissimo livello, cosa che non credevo potesse coesistere.
Eszter Imre
Ha partecipato alla Residenza d’Artista in veste di assistente Eszter Imre, ungherese di nascita, ma svedese d’adozione, un’artista che coniuga la sapienza nella lavorazione della porcellana con la sperimentazione di tecniche innovative come l’electroforming. La sua ricerca di design nasce da forme semplici che rimandano alla natura e all’essenza delle cose.
Spettacolare è l’opera con la quale ha vinto il concorso Open to Art, organizzato da Officine Saffi Milano, che l’ha portata in Italia: il lavoro, all’apparenza un foglio di carta stropicciata, è in realtà costituito da un sottile strato di porcellana bianca come il latte, le cui increspature sono ottenute usando la carta stessa come calco. Questo oggetto non è solo spaesante e superbo, ma ha anche funzionalità di vassoio.
L’opera artistica di Eszter è tesa a elevare ogni momento del quotidiano a esperienza estetica. Alcune sue creazioni sono dei gioielli: collane formate da bordi di piatti dalla manifattura eccelsa, tazze da tè tagliate e ricomposte, bracciali dal design insolito, tutti rigorosamente di fine porcellana dipinta a mano.
La sensazione che scaturisce dalla visione di questi oggetti riporta alla mente l’Inghilterra Vittoriana delle sale da tè e, al tempo stesso, il candore del materiale, i tagli decisi e innovatitivi, coniugati ad un gusto moderno, donano ai gioielli un aspetto unico.
Durante la Residenza d’Artista, Eszter ha recuperato della porcellana appartenuta al Maestro Carlo Zauli e risalente allo stesso anno di nascita della ceramista: un caso o un destino? Dopo avere reidratato la porcellana, ha creato con la stessa dei piccoli lavori di delicata fattura ispirandosi ai lavori delle maschere portati avanti da Natascia Fenoglio e Patrick Tuttofuoco.
Ho potuto approfondire la conoscenza di Eszter in residenza e durante un breve periodo in cui ha soggiornato a Bologna. Dalle nostre conversazioni è emerso quanto questa giovane ceramista sia dedita al suo lavoro e quanto la stessa cura e passione che mette nelle sue creazioni emergano anche nel rapporto con le persone. Lo spirito ardito e curioso dimostrato nel conoscere l’Italia e i suoi abitanti traspare nella ricerca innovativa dei suoi manufatti.
Eszter Imre è un artista dall’estetica sensibile e affascinante, tra le sue mani la porcellana riacquista nuovo valore espressivo dialogando con il contemporaneo.